E’ stato il mio compleanno. Che come sempre è una giornata assurda.
Normalmente accade che una al suo compleanno venga festeggiata, coccolata e anche un pochino viziata (una volta l’anno, ci sta).
Col cavolo!
Perchè se una è l’addetta alla cucina in famiglia, il giorno del suo compleanno lo passa come un mozzo sulla nave.
Taglia affetta trita monta spalma imbevi lava frulla passa rosola riscalda e raffredda e chi più ne ha, più ne metta.
Quindi il risultato è che arrivi a tavola che sembri Tom Hanks in The Terminal. O peggio in Cast Away. E i parenti pretenderebbero anche di farti foto ricordo, che se le riguardi dopo 20 anni pensi “Mi ero scordata che al 38esimo compleanno avessi avuto la scarlattina”. Eh certo, peccato che tu non l’abbia mai avuta, la scarlattina. Quella faccia era solo dovuta al tour de force mostruoso della giornata.
Perché se nelle altre famiglie il festeggiato si siede a tavola bello profumato di doccia e con la piega fatta, io di solito puzzo di fumo come uno spazzacamino per via del barbecue che preparo per tutti e ho i capelli che sembro reduce dal tifone Catrina. E la torta me la devo fare da sola. Ma non perché io la voglia spassionatamente.
Perché gli altri se l’aspettano. E mica vorrai deluderli e non mettere le candeline e non farti tirare le orecchie e non sopportare la canzoncina ben augurante e il desiderio da esprimere. Che al solito è solo uno: fa che io sopravviva a questa giornata e fammi trovare la strada del letto il più presto possibile che ho un mal di testa pazzesco.
Quest’anno ore 16,30 finalmente dormivo, felicissima, senza nessuno intorno e con il telefono spento.
Un augurio però me lo faccio per il mio compleanno: di essere indomita e resistente nelle tempeste e leggera e sconsiderata nelle felicità.