La notte prima delle ferie

finta parmigiana

-1 giorno alle ferie. Che significa stanchezza, leggerezza ed incredulità.

Che significa che tra 24 ore tutto quello che è unto, cibi avariati, macchina che puzza come se fosse riposseduta, frigorifero traboccante che non si chiude, scontrini pieni di schizzi degli involtini di peperoni per lo shooting, sveglie antelucane con notti troppo brevi… Beh questo per 4 settimane sarà un ricordo.

Ahi! Come ogni giorno prima delle ferie non me ne rendo conto. Sono ancora troppo immersa alla caccia alle cipolle di Tropea con il verde di vegetazione ancora attaccato per potermi permettere di pensare a domani sera e quello che sarà.

Ho ancora troppi residui di cibi non identificati in cucina e alcune cose da chiudere. Ma sono estremamente leggera e ho il cuore scalzo. E anche un po’ sconsiderato. Dovrei mantenermi così anche per il prossimi 365 giorni; senza prendersi troppo sul serio.

I pomodori non sono perfettamente rossi? Ce ne faremo una ragione.

L’uva non è quella americana? Ci faremo andare bene quella italiana.

La pizza non ha il bordo abbastanza dorato? La doreremo in photoshop.

Il pesce puzza come il demonio? Grazie a Dio in foto non si sente.

Il cliente vuole che si scatti quando sono in ferie? Sarò in ferie e chissenefrega per il lavoro perso.

La panna montata non sembra panna ma yogurt? Vedetela come volete vederla, è panna. Poi se volete dire che è yogurt, a me va benissimo anche dire che sia yogurt.

La pesca non è abbastanza arancione all’interno? Fai tu, siamo in febbraio, come puoi pensare di trovarla rossa e succosa.

La sottiletta si scioglie troppo in fretta? Ovviamente, ci sono 40 gradi. La congeleremo e scongeleremo e ricongeleremo all’infinito fino a trovare un magico punto di fusione che non esiste in natura.

 

Ma stasera è tutto davvero relativo e davvero senza ansia. E questo senso di leggerezza io me lo vorrei tenere cucito addosso come la mia seconda pelle. Come la coperta di Linus. Come Brooke sta incollata a Ridge da almeno 25 anni (ma come si fa a rendersi ancora così terribilmente seducenti agli occhi altrui dopo 25 anni? Forse il segreto è nel fare figli con almeno altri 4 uomini).

Lo spritz prima delle ferie.

Le finta parmigiana prima delle ferie.

24 ore alle ferie.

E credo sia, solo per questo, la sera più bella dell’anno ❤

 

PS. la finta parmigiana è di ieri. Una coccola meritatissima l’ultima domenica di rientri di questo caldissimo luglio.

Di gamberi riposseduti e altre amenità

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Se luglio non esistesse mi farebbe un favore. Capitano cose che capitano solo a luglio. Forse negli altri mesi sono illegali, chi lo sa.

Settimana scorsa ho fatto una produzione che è stato un po’ come rivivere un incubo del mio passato: La prima edizione di Masterchef. Ringraziando il Cielo questa volta il tutto non è durato tre mesi, bensì tre giorni. Io tre mesi come allora non li posso reggere. Non mi regge più lo stomaco, il sistema nervoso e soprattutto non mi sta più a freno la lingua e dico tutto quello che penso. Nella realtà credo sia solo spirito di sopravvivenza.

Solo gli addetti ai lavori sanno cosa si può scatenare in un frigorifero di scena dove per 5 giorni prendono domicilio dei tranci di salmone crudo in bella vista affiancati da robiole fresche e tomini. E guai a comprare dei sostituti freschi, che non c’è budget e dobbiamo conservare fino a fine lavori quello che c’è. Ci teniamo le muffe, le decomposizioni, il voltastomaco e rendiamo il tutto bellissimo. Chissenefrega se c’è un odore che sembra di essere alla fogna di Calcutta: così è.

PadreAmorth, chiamate un suo successore. O anche Dario Argento. Facciamo un remake di “Non aprite quella porta”. Non ci serve nemmeno l’uomo degli effetti speciali per riprodurre momenti horror raccapriccianti, li abbiamo già.

Ma devo dire di avere avuto anche tanta fortuna. Nonostante i 40 gradi, nonostante i gamberi avessero bisogno di un esorcismo dopo ore e ore crudi fuori dal frigo, nonostante il food fosse decomposto come in Nightmare before Christmas, nonostante il locale scelto per il pranzo della troupe secondo me prendesse i viveri direttamente dai nostri frigoriferi di scena con botulino galoppante&affini.  Nonostante tutto la simpatia e allegria di Alessandra, la scenografa mia compagna di sventure, ha ricompensato ogni fatica e ogni malumore. E questo vale per mille gamberi avariati e mille tome verdi ma non di rucola!

Luglio, ti odio sempre. Ma riesco ancora a gioire delle sorprese che questo lavoro mi riserva.

La felicità formato Pizza

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Chi mi conosce lo sa. Quando c’è un set di pizze, ne faccio almeno 4. Non tanto perché sia necessario averne qualcuna in più nel caso che la lievitazione o cottura non venga bene. È piuttosto che io sono perdutamente innamorata della pizza per cui ne sforno almeno 4 in modo da mangiarne qualche fetta e rendere felice chi è sul set con me offrendola: la pizza è magica, crea sempre un’atmosfera di gioia e felicità intorno a se!

Io ne Amo tutto: amo fare la pasta, lasciarla lievitare, guardarla diventare gonfia, rielaborarla in palline e poi stenderla e lasciarla lievitare ancora. Adoro il profumo del pomodoro che si mescola con l’olio e l’origano, la mozzarella che si scioglie e crea i suoi bellissimi disegni nel sugo, adoro ammirare questi capolavori ognuno con la sua forma che non sarà mai più la stessa e con le sue bellissime perfette imperfezioni. E poi adoro rubarne fettine e riempirmici pancia, occhi  e cuore!

Se mi volete felice, datemi uno shooting di pizze! (Oggi sono stata molto felice ❤️)

 

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Ps: la faccia della gioia. Io che faccio foto della mia “bambolina” per postarla su Instagram.

Postazione di comando in fusione

mcd

 

Sembra una base aerospaziale. Qualcosa che se la guardo così mi ricorda la Cristoforetti e non mi stupirei arrivasse con la sua tuta da Missione nello spazio.

E invece no, è dove i panini di McDonald’s prendono vita, una delle milioni di cucine dei ristoranti, organizzata in modo fantascientifico per far sì che tutto funzioni alla perfezione in tempo zero.

Come vorrei che fosse così anche per me, che tutto funzionasse alla perfezione in tempo zero. Mi fonde il Cervellone. Che non è il mio cervello di per sé, è quel magico qualcosa che mi fa tenere insieme tutti i pezzi delle giornate. Che sono tanti, troppi.

  • CHIAMA IL FRUTTIVENDOLO PER CHIEDERE SE C’è L’ASPARAGO DELL’ALPI DI SIUSI
  • CHIAMA IL REPARTO ITTICO DELLA METRO CHE MAGARI HANNO LA TRIGLIA DI SCOGLIO LISCIO, NON QUELLA DI SCOGLIO ACUMINATO CHE HA LA PELLE ROSA MA PIù ROSA SALMONE CHE ROSA TRIGLIA E A NOI SERVE PIù ROSA TRIGLIA CHE ROSA SALMONE
  • MANDA LA MAIL ALL’ACCOUNT PER FISSARE LE DATE DELLO SHOOTING
  • RIMANDA LA MAIL DOPO 2 ORE PREGANDO IN TURCO E CHIEDENDO PERDONO SUI CECI PERCHè HANNO SPOSTATO L’ALTRO SHOOTING E, CONSEGUENTEMENTE, COME UN TETRIS CAMBIANDO UN PEZZO NELL’AGENDA SONO VOLATE MILLE MALEDIZIONI PERCHè ADESSO NON TORNA PIù NULLA E FINIRA’ CHE DOVRO’ FARE LE SPESE PER IL SET AL CARREFOUR 24 ORE ALLE 3 DI NOTTE PER INCASTRARE TUTTE LE PRODUZIONI
  • MANDA I CONSUNTIVI. PECCATO AVER MISCHIATO GLI SCONTRINI, AVERLI PRESI PER SCRIVERE IL NUMERO DELL’IDRAULICO E ORA NON TROVARNE PIù ALMENO 3 E DOVERLI CERCARE DISPERATAMENTE IN TUTTE LE BORSE E IN TUTTI GLI ANFRATTI POLVEROSI DI CASA SAPENDO CHE NON LI TROVERò MAI.
  • RICHIAMA IL FRUTTIVENDOLO E FAGLI CAPIRE CHE LE CIPOLLE DEVONO AVERE DELLE RADICI LUNGHE 10 CM. “SCUSI NON HA WHATSAPP CHE LE MANDO UN VIDEO DI REFERENCE? AH, NON HA NEMMENO LA MAIL. HO CAPITO. LE MANDO UN VHS IN PELLICOLA CHE MAGARI COSì CE LA FACCIAMO”
  • TELEFONA AL FOTOGRAFO CHE VUOLE FARE UN PPM PER GLI SCATTI DI TORTE, PERCHè DEVONO ESSERE BELLE MA NON FINTE. CIOè GENUINE MA REGOLARI. NON QUELLE DI GESSO CHE VEDI NELLE PUBBLICITà CHE SEMBRANO DI GESSO E NON CI PIACCIONO MA LA FETTA DEVE AVERE UNA ALTEZZA DI ESATTAMENTE 3 CM CON UNO SPESSORE DI 5 PER UNA LUNGHEZZA DI 7 CON 3 STRATI DI MELE DI 4 MILLIMETRI PER UN TOTALE DI 8 FETTINE DI MELE NON OLTRE CHE SE NO SONO TROPPE MELE.  MA MI RACCOMANDO, NATURALE EH, NON COSTRUITA.
  • CERCA IN RETE DOVE NOLEGGIARE IL FORNO AL FOTOGRAFO. PERCHè L’AGENTE NON SA DOVE. E LE TORTE NON SI CUOCIONO IN FRIGORIFERO.
  • SCRIVI LE RICETTE DELLE FOTO SCATTATE DUE MESI FA CHE NON TI RICORDI NEMMENO CHE DUE MESI FA HAI SCATTATO LE FOTO. FIGURIAMOCI LE RICETTE!
  • VAI A PORTARE LA MACCHINA A FAR CAMBIARE LE GOMME. CHE ALLA REVISIONE A MOMENTI TI STRACCIANO IL LIBRETTO E TI SEQUESTRANO IL MEZZO. E POI COME FAI AD ANDARE SUL SET CON QUEI 12 POLLI PER LO SHOOTING DI ELETTRODOMESTICI? SUL TRAM NON TI CI FANNO SALIRE CON 12 POLLI IN UN TROLLEY!
  • MANDA UNA MAIL ALLA POLACCA, CHE NON TI PAGA DA UN ANNO. E DA UN ANNO LA RINCORRI CON LA TUA FATTURA COME HAI RINCORSO SOLO I TAKE THAT DA RAGAZZINA PER FARTI FOTOGRAFARE UNA MUTANDA. MANDA LA CENTOMILLESIMA MAIL E SPERA CHE SIA L’ULTIMA E CHE NON TI CHIEDANO, OLTRE TUTTA LA DOCUMENTAZIONE GIà INVIATA, ANCHE IL 730 DEL FU ORMAI ZIO. PERCHè MANCA SOLO QUEL DOCUMENTO PER PAGARTI, TUTTI GLI ALTRI LI HAI GIA’ DOVUTI INOLTRARE (POI PER DIMOSTRARE COSA? SIETE VOI CHE MI DOVETE PAGARE, NON VI HO CHIESTO UN MUTUO!)

Questo è il riassunto di una mattina di fine luglio. Di due ore di una mattina di fine luglio.

Si, decisamente mi sta fondendo il cervellone. E decisamente, nonostante il punto di fusione sia vicino, amo questo lavoro.

Di frigoriferi troppi pieni.

imageIo sono 10 anni che ci combatto. 10 anni di me spalmata contro la porta del frigo cercando di farla chiudere. 10 anni che da quella maledetta fessura esce luce, che vuol dire che dannazione qualcosa dentro spinge e il frigo resta aperto con mie grandi imprecazioni del caso.

In inverno va meglio: ho un secondo frigo. Il baule della macchina. Ma anche l’abitacolo della macchina all’evenienza va bene. Solo che abbandono le spese per intere notti e la mattina mi ritrovo odore prepotente di cavoli. O porri. O pane stantio. O meloni. In base ai lavori e alle necessità ma quasi sempre odori da esorcismo a colazione.

L’altra sera mi sono trascinata sulle ginocchia in orario chiusura di Esselunga, ma non avrei saputo come fare altrimenti. A parte che se per caso manco un giorno ormai si preoccupano e manca poco mi telefonino a casa a chiedermi se io stia bene dato che ci vado di media due volte al dì, mattina e sera tappa fissa. Sto per ottenere anche un armadietto personale con sopra il mio nome nel retro per depositare effetti personali e fare la spesa con più agio.

Mi muovo come un pachiderma con un carrello strabordante di spesa di lavoro e la mia attenzione viene catturata mentre scelgo un gelato consolatorio post shooting e post unto.

“Ma non ce l’hanno la pollo-pizza?” dice  una voce maschile. “Ma cos’è?” Ribatte la donna. “È una pizza che invece che pasta di pizza, come base, ha pollo fritto”. “Prova ad andare da Bubo, vedrai che la trovi” risponde la voce femminile.

Il dialogo mi fa voltare per la curiosità di vedere le facce dei protagonisti di questa discussione.

Riconosco lei, giro la testa e vedo lui. Caccolo.

Sono passati almeno 20 anni. Era un bimbo magrissssimo, bruttarello, con i capelli corvini e un neo sulla guancia. E io la sua 18enne baby sitter.

La madre, nonostante fosse casalinga, mi chiamava per andare a curarglielo. Io lo facevo giocare, lei per ore fumava in cucina mentre telefonava alle amiche. Per cena tirava fuori un uovo Kinder, glielo dava, poi gli scaldava gnocchi comprati precotti e pretendeva lui li mangiasse dopo il cioccolato. Caccolo ovviamente non ci pensava manco per sogno, si divorava il cioccolato e arrivederci cena!

Di cioccolato deve averne mangiato un po’ troppo in questi 18 anni, ma non solo quello. Anche salsicce e ciambelle a vederne la stazza, era uno scricciolo e oggi è un bue. Un bue che cerca pollo fritto con sopra pomodoro mozzarella e magari del salame piccante nei surgelati dell’Esselunga. Dovrebbe cercare dove sono i filetti di platessa al vapore, Cielo!

Il suo frigorifero, come il mio, è stato decisamente troppo pieno in questi ultimi due decenni.

La differenza è che nel mio frigo, di mio, c’è solo una vaschetta di prosciutto cotto quando va bene, il resto è per gli shooting.

Oggi sono su un set per un famoso cliente di fast food. In pausa pranzo forzata per apertura del punto vendita alla clientela vedo entrare un ragazzo di spalle. E da come tiene lo zaino, capisco che è un ex fidanzatino di 18 anni or sono. Non lo vedevo da allora. Anche il suo, di frigo, ha avuto troppo ben di Dio al suo interno penso tra me e me. Non che ci sia nulla di male, ma oggi per una volta benedico di non avere mai spazio nel frigo e così tenermi lontana da tentazioni mangerelle.

Ps: caccolo era così chiamato perché a 5 anni non usava il wc. Faceva la cacca nel vasino in sala sul tappeto persiano della ricchissima e annoiatissima mamma.

Spero che nel mentre abbia imparato che esistono migliori maniere. Quanto al cibo precotto, invece, non è cambiato granché da allora.

 

Un mondo a forma di parmigiana

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7 anni fa pubblicavo questa mia illustrazione su un sito americano che si chiama theydrawandcook.com.

Già allora ero una parmigiana addicted. In realtà lo sono sempre stata.

Sono nata in agosto e, da piccola, mia mamma mi chiedeva sempre per il compleanno cosa volessi mangiare. La risposta era già scontata: parmigiana di melanzane.

Si mettevano lei e mia nonna a friggere per un intero pomeriggio con una pazienza titanica che capisco a fondo solamente ora che sono adulta e che sono io quella che frigge fetta dopo fetta per due ore di seguito.

Ad oggi resta il mio piatto preferito, quello che potrebbe consolarmi da qualsiasi macumba, qualsiasi giornata di peste nera sui set, qualsiasi unta e folle peripezia, qualsiasi richiesta lavorativa impossibile da accontentare, qualsiasi giornata torrida che mi fa appassire la rucola in tempo zero e mi fa afflosciare la panna finta!

Datemi un mondo fatto a forma di parmigiana. E io sarò felice.

 

Il weekend. E la parmigiana.

parmigiana prep

E’ stata una settimana di quelle “da esorcismo”. Tra caldo infernale, set improbabili, shooting all’arrembaggio e immancabili altre peripezie private e familiari.

Oggi posso dire che ho dormito buona parte della giornata, e non è una rarità. Dopo settimane da tripli salti mortali carpiati, il sabato spesso cado in un letargo incoercibile fino a metà pomeriggio, momento della giornata in cui normalmente riesco, dopo un caffè, a riprendere contatto con la realtà.
Dei set racconterò in seguito, per oggi ho bisogno di dimenticare!

E’ vero, non ho fatto niente in questa giornata.

Niente, tranne la cosa che amo di più al mondo. La parmigiana <3.

 

parmigiana ok foto

Mai sottovalutare una giornata di fritto.

mai sottovalutare il fritto

 

Oggi sono su un set da battaglia. Nel senso che è sempre una lotta tra me, le ricette che spesso non vengono, i props che fino a poco fa non erano mai quelli giusti, le troppe pentole e il solito immancabile unto dilagante.

Sapendolo stamani in fila: mi lego i capelli con la prima cosa che trovo sembrando più una sopravvissuta ad un ammaraggio che ad altro, mi infilo un informe pantalone color cecio, una canotta slavata azzurro indaco, ciabattina e zero trucco.

In definitiva sembro una sonnambula in pigiama che si aggira per strada.

Tanto devo friggere, mi dico. Inutile sistemare e lavare i capelli e metterli in piega. Tanto devo friggere. Inutile mettermi qualcosa di decente addosso che poi magari mi si rovina. Tanto devo friggere. Inutile truccarmi che mi cola il mascara fino nelle mutande dal caldo. Tanto devo friggere. Mettiamo una qualsiasi scarpa bassa che starò ore in piedi. E poi, tanto devo friggere.

Non c’è cliente, siamo solo la fotografa ed io e lei non si scandalizza, mi ha vista in tutti i modi possibili attraverso crisi personali epiche e pianti a dirotto. Incredibilmente mi vuole lo stesso bene e nulla le frega della mia mise.

Bene.

Mi scrive che è in ritardo e io sono in anticipo: vado a fare colazione in quel delizioso baretto sotto le piante dove hanno quelle buonissime brioches.

Mi siedo e una voce mi parla: “ciao, cosa posso portarti?”.

Alzo la testa.

Due incredibili occhi verdi da folletto mi guardano, due arcate di denti scintillanti si spalancano in un sorriso e un ricciolo di capelli scuri viene scostato leggermente dalla fronte. Metto a fuoco l’immagine complessiva e vedo che il ragazzo del bar è di una bellezza imbarazzante.

In una frazione di secondo mi ricordo di essere la controfigura di Kate Winslet nella scena del Titanic. Ah no, lei almeno aveva dei vestiti bellissimi, leggermente fradici ma bellissimi. In quanto a grado di umido, siamo lì: la canicola milanese fa sudare a livelli indecorosi a dir poco.

E il mio interlocutore è fighissimo. Merda.

Tiro fuori il migliore dei miei sorrisi, consapevole di essere in condizioni disastrose, e gli rispondo con tono di chi fa finta che vada tutto benissimo quando in realtà vorrebbe scappare da Enzo e Carla a farsi dare una sistemata e tornare dopo un’ora.

“Un caffè macchiato e una parigina all’albicocca per favore”.

Maledetta me e alle mi idee del cavolo ❤

 

E il temibile e tanto odiato profumo di fritto (e di altri odori di cucina)

 

 

polpette melanzane

Sono 10 anni che faccio questo lavoro, quasi 10 anni di unte e folli peripezie di ogni tipo e sorta con desiderata da parte di clienti e non più o meno paranormali. Quindi diciamo che mi sono abbastanza corazzata di fronte a assurdità, nevrosi, attacchi di ansia da “questa melanzana è più lunga rispetto a quella del layout” e richieste che vanno contro le leggi della fisica e della gravità (per non parlare delle leggi del buon senso, su quelle non ci sono più speranze).

Però c’è una cosa che non riesco a tollerare e oggi proprio mi ha fatto salire la pressione alle stelle: le vessazioni causa “odore di cibo”. E quasi esclusivamente, arrivano da parte dei fotografi e dagli addetti ai lavori, mai dai clienti.

Ora, amici fotografi, spiegatemi: perché? Ma perché avete deciso di fare i fotografi di food se non potete sopportare di sentire nell’aria il profumo di una caponata? Ma anche fosse qualcosa di meno entusiasmante, che ne so, un filetto di merluzzo bollito.

Ma noi povere disgraziate, home economist, cosa dovremmo dire che abbiamo i frigoriferi di casa che puntualmente prendono odore di qualsiasi cosa anche molesta e anche non desiderata?

Eppure non diciamo niente, accettiamo con un sorriso luci ed ombre della nostra meravigliosa professione, che io amo smisuratamente!

Ma poi, come se fossimo delle sadiche pazze che passano la notte in elucubrazioni su come produrre più tanfo possibile per farvi appassire i gerani sui balconi e le peonie nei vasi.

Ma sapete noi poverette, che siamo unte dalle 9 del mattino alle 20 passate la sera, come saremmo più felici di non tornare a casa che sappiamo un giorno di sardine affumicate, un giorno di zuppa di porri, un giorno di peperoni e uno di grigliata mista di carni di maiale?!

Eppure non ce ne lamentiamo (quasi) mai.

Così, come quasi mai, dipende da noi quello che dobbiamo cucinare.

Quindi perché, spiegatemelo una santa volta, perché non avete deciso di fare i fotografi di matrimoni? O quelli di arredamento di interni? Il design, Buon Dio, non puzza!

Potevate fare i fotografi di orologi, di paesaggi, di prodotti cinesi di dubbio gusto e dubbio utilizzo.

Di people direi di no, perché anche le persone non sempre emanano profumo di rose.

E quindi dico: con tutti gli indirizzi che potevate prendere, se odiate così tanto gli odori della cucina, per quale stramaledettissima motivazione avete scelto questa strada me lo volete dire?

Per poi sfinirci a noi poracce perché c’è odore di fritto?

E sai com’è, dovevamo scattare bastoncini di pesce in pastella, cosa avrei dovuto fare?

Portarli da casa già cotti? Farli cuocere al thailandese di fianco al vostro studio? Portare un friggitrice e andare sul balcone a febbraio così non vi ammorbiamo le stanze? Oppure trovare una cottura innovativa mettendo i bastoncini in speciali sacchetti da ficcare in una serra idroponica per 3 giorni sperando che prendano il colore e la texture del fritto, non essendo fritto?! O in lavastoviglie? O nella lettiera dei gatti che magari per qualche strana reazione chimica si cuociono anche così?

Se voi riuscite a trovare un modo per cucinare senza odori, amici miei, mi tolgo il grembiule bella felice e vado a mangiarmi delle profumatissime polpette di melanzane con chips. Fritte da qualcun altro che avrà riempito il suo locale di meraviglioso odorino invitante, ovviamente.

PS: per la cronaca. Perché poi sembro pazza e non lo sono: oggi sono stata rimproverata per aver messo sul set, su una bruschetta, una fettina di pesce spada di 7 cm per 2 cm. Ecco, quello era l’odore insopportabile per cui sono stata nuovamente vessata. Io direi che di insopportabile c’è ben altro, mica l’odore!

 

Ci vogliono le palle.

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Ci sono volute le palle per schiacciare questo maledetto tasto “invia”.

Io ci ho messo due lunghi anni prima di arrivare a stasera, a trovarmi faccia a faccia con il pulsante della mail e il dito sopra che tentenna dietro un milione di “se”.

Sono due anni che ho un progetto. E’ un progetto ambizioso e folle. E ovviamente unto, perché altrimenti non sarebbe un progetto mio.

E’ qualcosa che è nato sulle ceneri di mille delusioni personali, senza le quali io non sarei quella di oggi. E’ un fulmine che è passato nel mio cervello veloce come una saetta, limpidissima e scintillante.

L’ho curato, coccolato, digerito varie infinite volte, elaborato, smontato, rimontato, controllato, riletto, rivisto.

E poi l’ho allontanato, accantonato e ripreso ancora ed ancora ad ondate.

Perché di questo progetto sono perdutamente innamorata.
Ma tutte queste lotte interiori io le ho vissute da sola, nel mio privato, senza trovare il coraggio di mettermi davvero in gioco, senza trovare il coraggio di espormi sul serio e correre il rischio di provare anche una grande delusione di fronte alle porte che potrebbero chiudersi. E’ più facile stare così, a cullare illusioni, senza provare a rendere realtà un grande Sogno.

E’ arrivato il momento di farlo, sotto un temporale estivo: che sia di buon auspicio

E’ tempo di mandare le pagine che ho scritto per due anni all’editore. E vedere se è realmente così pazzo da volerle pubblicare.

Ai sogni bisogna dare anche il fottuto coraggio di realizzarsi. E a volte, di coraggio, ce ne vuole davvero tanto.